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sabato 6 maggio 2017

Mostra: Infiniti Interiori - Opere recenti di Tobia Ravà a Venezia


Infiniti interiori - Opere recenti di Tobia Ravà

In occasione della apertura della 57a Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia


Elisabetta Donaggio e Alfredo Pugnalin della Galleria d'Arte L'Occhio di Venezia hanno il piacere di invitarvi

alla inaugurazione della mostra: "INFINITI INTERIORI - opere recenti di Tobia Ravà"
A cura di Maria Luisa Trevisan
Domenica 7 maggio 2017 alle ore 11.30
L'esposizione sarà visitabile fino al 7 giugno 2017

In un momento in cui l'umanesimo è messo in pericolo da guerre, conflitti religiosi ed interetnici, che sembrano non aver più fine, Tobia Ravà ci parla di valori, principi etici e morali, di un mondo inclusivo e di un uomo riqualificato, di una dimensione spirituale in cui l'arte costruisce ed eleva l'essere umano. Il suo atelier è un a sorta di laboratorio d'idee aperto alla collaborazione artistica e intellettuale di soggetti che operano nella sfera culturale e artistica. 

In un'epoca del post - internet, egli ristabilisce un nuovo legame con la scrittura, utilizzandone una tra le più antiche, quella ebraica, in cui la corrispondenza, compresenza e compenetrazione di lettera e numero (ghematrià), porta ad un arricchimento di idee, originali sviluppi e nuove riflessioni. 

Egli ha inventato un suo universo originale in cui compiere un viaggio dall'interiorità all'infinito, dove trovano posto sogni e utopie, e mostra con immagini gioiose, energetiche e vitali le possibili strade da seguire, le relazioni con l'altro, con le diverse culture, auspicando una sempre più proficua collaborazione con artisti che provengono da mondi differenti e un rapporto più corretto, giusto, rispettoso nei confronti dell'ambiente, del mondo animale, della natura e del cosmo, nella convinzione che l'arte può far compiere un passo in avanti all'umanità intera.


Umberto Eco ha suscitato in Tobia Ravà la curiosità di approfondire il pensiero del cabalista di Safed, Isaac Luria, ed ora la Kabbalah luriana è un cardine della sua ricerca. Il suo lavoro assume perciò un valore etico, anche se non intende dare delle risposte assolute, ma pensa che le sue opere possano suscitare, in chi ne viene a contatto, delle nuove domande, e in questo senso possa servire a far riflettere su determinati concetti. 

I suoi boschetti generano sempre nuovi percorsi ed evidenziano un rapporto panteistico con la natura nei termini in cui Spinoza può aver forse tratto proprio dalla Kabbalah l'equivalenza tra Dio e Natura. C'è un recupero dei valori legati alla bellezza e al rispetto dell'ambiente, ma anche della storia e del passato e di tutto ciò che l'uomo ha prodotto come risultato di conoscenze e saperi.



La logica letterale e matematica, che sottende le sue opere, è intesa come codice genetico e raccoglie elementi sia filosofici sia linguistici che vanno a costituire una sorta di magma pittorico fatto di lettere e numeri, che si cristallizzano sulla superficie "grandangolata" di immagini architettoniche e naturalistiche con vedute di canali e boschi, congegni meccanici e orologi. 

Se gli artisti rinascimentali cercavano la bellezza ideale nelle geometrie attraverso i rapporti numerici per raggiungere equilibrio ed armonia, misura e ordine, Tobia Ravà sviluppa un percorso simbolico a rebus costruito su piani di lettura diversi attraverso la ghematrià ("gimatreya"), criterio di permutazione delle lettere in numeri in uso fin dall'antichità nell'alfabeto ebraico, secondo cui ad ogni lettera corrisponde un numero, così ogni successione alfabetica può considerarsi una somma aritmetica. 

L'artista ricrea i luoghi del reale servendosi di un linguaggio codificato riferito ai numeri relativi alla traslitterazione ghematrica delle 22 lettere che compongono l'alfabeto ebraico, che hanno appunto un significato etico, spirituale e numerologico, metafora di una disgregazione attraverso le scintille di un Big Bang ancestrale.



Attuando un confronto tra parole che hanno lo stesso valore numerico scopre che esistono delle corrispondenze invisibili tra le cose, questo si lega al pensiero sincronico della tradizione ebraica, secondo il quale quello che è successo in passato, attraverso la memoria, viene rivissuto dal singolo nel presente. Da qui l'importanza della storia e l'alto valore della memoria per l'avvenire. 

Questo intreccio affascinante tra presente, passato e futuro, tra natura e cultura, viene non solo intuito e riconosciuto dall'artista, ma anche visualizzato attraverso seducenti immagini fatte di forme, colori, lettere e numeri, che costituiscono quella foresta di simboli che si cela dietro il reale.

Maria Luisa Trevisan



Galleria d'Arte L'Occhio

Orario: Tutti i giorni dalle 11.00 alle 18.00. Martedì e domenica su appuntamento
Dorsoduro 181 – Venezia. Tel. e Fax 0039 041 5226550 / 0039 348 6045541; www.gallerialocchio.net
gallerialocchio@tin.it


PaRDeS – Laboratorio di Ricerca d'Arte Contemporanea
via Miranese 42, 30035 Mirano (VE)
tel./fax 041/5728366 cell. 349 1240891
artepardes@gmail.com
www.artepardes.org (anche su Facebook, Google plus e Twitter)

Galleria Open Art, Prato | 20 maggio – 23 settembre 2017 | UTOPIA E PROGETTO | a cura di Mauro Stefanini, testo di Beatrice Buscaroli

Galleria Open Art, Prato
20 maggio – 23 settembre 2017

UTOPIA E PROGETTO
Sguardi sulla scultura del Novecento

a cura di Mauro Stefanini
testo in catalogo di Beatrice Buscaroli

Inaugurazione: sabato 20 maggio, ore 17.30


"Utopia e progetto. Sguardi sulla scultura del Novecento" dal 20 maggio al 23 settembre 2017 alla Galleria Open Art di Prato (Viale della Repubblica, 24). 
Curata da Mauro Stefanini e accompagnata da una monografia Carlo Cambi Editore con un testo di Beatrice Buscaroli, la mostra sarà inaugurata sabato 20 maggio, alle ore 17.30.
In esposizione, tra le altre, opere di Mirko e Dino Basaldella, Agenore Fabbri, Nino Franchina, Quinto Ghermandi, Emilio Greco, Bruno Innocenti, Jiří Kolář, Luigi Mainolfi, Giuseppe Maraniello, Marino Marini, Fausto Melotti, Guido Pinzani, Francesco Somaini, Giuseppe Spagnulo, Mauro Staccioli.
«Il secolo scorso – spiega Beatrice Buscaroli –, in scultura, nacque già nettamente diviso da una forte tendenza all'astrazione che veniva dall'Europa e attraversava il Futurismo con la mitica parabola di Boccioni e la solitudine appartata di Modigliani, e il tradizionale, seppur declinato in decine di maniere diverse, legame che questa tecnica manteneva con le sue origini, con l'antico e la bellezza, con la figura. Naturalmente oggi non è più il tempo di queste distinzioni, che hanno però una loro valenza didattica e storica. Dopo la seconda guerra mondiale, dopo la desolazione dell'Arturo Martini del doloroso pamphlet su "La scultura lingua morta", infatti, si dovette in qualche modo ricominciare da capo: ed ecco da una parte il ritorno alla figura al ritratto, al paesaggio, come l'apparizione di una tensione verso l'impalpabile richiamo della forma, del materiale, del gesto e dello spazio. Rivedere le sculture dei tanti protagonisti di questa mostra, di tutte le scuole e di tutte le tendenze, italiane ed europee, significa davvero gettare uno sguardo sulla complessa evoluzione di un linguaggio che nel nostro paese dovette soffrire il peso di un ottocento svaporato nella pur necessaria richiesta dei monumenti bellici che, tanto dopo la prima, quanto dopo la seconda, misero a prova la vera capacità della scultura italiana. Così, questa mostra segna una sorta di rinascita della scultura italiana, ormai non necessariamente legata alla narrazione o alla raffigurazione, ma semplicemente originata dallo studio e dalla conoscenza della tecnica. Figurativi e astrattisti, quindi, si confrontano accostandosi in situazioni spiritualmente affini, natura e gesto, dall'altra parte, riaprono orizzonti nuovi sui quali ancora la scultura d'oggi si confronta. Diverse le scuole, diversi i linguaggi, diversi i fini, ma una sola la qualità che distingue le opere in mostra. Una qualità che sembra davvero il filo conduttore di un percorso che accosta storie e strade diverse ma che davvero riesce a raccontare la vicenda non sempre facile di una tecnica non sempre semplice».
La presenza di quasi una decina di opere di Quinto Ghermandi, artista che a un anno dalla celebrazione del centenario della nascita sembra risalire la meritata fama, s'intende come una sorta di omaggio che la Galleria Open Art vuole dedicargli. 
È Ghermandi una sorta di simbolo della storia della scultura del Novecento, sospeso tra biografia e storia, studio e personali intuizioni, eredità difficili.
E così anche Francesco Somaini, a cui la galleria dedica una ristretta ma preziosa personale, un percorso che ne traccia i principali passaggi, è protagonista di una "mostra nella mostra" che propone alcune opere di estrema qualità, restituendo all'artista un volto a volte dimenticato ma sorprendente.
La collettiva è visitabile fino al 23 settembre 2017, da lunedì a venerdì con orario 15.00-19.30, sabato ore 10.30-12.30 e 15.00-19.30, chiuso domenica e festivi. 

Nel mese di agosto la Galleria Open Art osserverà la chiusura estiva. Ingresso libero. Monografia Carlo Cambi Ed. ITA/ENG con testo critico di Beatrice Buscaroli. Per informazioni: tel. + 39 0574 538003,  galleria@openart.it, www.openart.it.

FRANCESCO SOMAINI  Racconto sul cielo  1961

UTOPIA E PROGETTO
DATE
20 maggio - 23 settembre 2017*
*dall'1 al 31 agosto 2017 la Galleria Open Art osserverà la chiusura estiva.

VERNISSAGE
sabato 20 maggio, ore 17.30

INFO & ORARI
GALLERIA OPEN ART
Viale della Repubblica, 24 - Prato
+ 39 0574 538003 www.openart.it  galleria@openart.it
15.00 - 19.30 lunedì - venerdì
10.30 - 12.30 15.00 - 19.30 sabato
Chiuso domenica e festivi

MONOGRAFIA
Carlo Cambi Ed. - ITA/ENG.
Con testo critico di Beatrice Buscaroli

venerdì 5 maggio 2017

Da oggi aperta al pubbblico la mostra Cietes Underground di Mario Bobba- ospitata da Artepassante in occasione del Photofestival di Milano

Mostra fotografica
"Cities Underground" (3 continenti 19 città)"
Opening venerdi 5 maggio 2017
La mostra proseguirà fino al 1 giugno 2017 dal lunedì al venerdì dalle 16.00 alle 19.00
Artepassante, Stazione di Porta Venezia del passante ferroviario
Fotografie di Mario Bobba
A cura di Giulia Minetti
Presentazione di Denis Curti

Cities Underground arriva a Milano, dopo il successo dell'esposizione al Terminal 1 dell'Aeroporto di Milano Malpensa, ospitata da ARTEPASSANTE nella Stazione di Porta Venezia del passante ferroviario, dal 4 maggio all'1 giugno in occasione del Milano Photofestival.

Cities Underground è un lavoro sviluppato dal 2011 nel sottosuolo di 19 città in 3 continenti. I dettagli evocativi, dei luoghi, delle abitudini e dell'aspetto dei viaggiatori, stimolano l'osservatore a rivivere l'esperienza dell'autore mediata dalla sua sensibilità.
La scelta di presentare il progetto in un passante non è casuale come non lo è stata quella dell'aeroporto  di Malpensa sono dei non luoghi esattamente come le Underground rappresentate nel progetto di Mario Bobba.

In un'epoca di viaggiatori perpetui, di lavoratori pendolari, di massima mobilità e stressata velocità, la vita si sposta lì dove queste tendenze si concentrano: nelle zone di transito degli aeroporti, delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane, luoghi ormai impregnati dalla cultura del consumo e dalle abitudini sociali dei nostri tempi, che competono con i "city center" dai quali hanno ereditato un gran numero di attività e modi di vivere la socialità.

Cities Underground con i suoi 24 scatti ( di cui 8 inediti) ci mostra l'umanità nascosta nei sottosuoli dei centri urbani, ambienti caratterizzati da frenesia di movimento, freddezza di situazioni e architetture.

Denis Curti, Direttore Artistico della Casa TRE OCI di Venezia, così descrive il progetto di Mario Bobba nella prefazione del catalogo della mostra:" Ispirata a un' intensa quanto sincera vena umanistica, la fotografia di Mario Bobba cerca nel "sottosuolo", all'ombra degli status sociali e dei modelli di comportamento prestabiliti, la naturalezza e la bellezza della "normalità". In questa personale visione, che attiene alla vita e alla fotografia, la metropolitana, i vagoni dei treni e i corridoi che s' intrecciano sotto le metropoli del mondo, rappresentano non solo i soggetti delle immagini, ma anche i simboli di un racconto ben più profondo, che tenta di esplorare con sguardo onesto le abitudini sociali e culturali dei nostri tempi.
Cities Underground è un ritratto autentico e molteplice, capace di raccontare con una visione d'insieme ogni singolo elemento, umano e sociale, di un contesto urbano sempre riconoscibile che accomuna le metropoli nel mondo.
In questo ampio progetto fotografico, l'autore ha trovato, pur nella somiglianza dei luoghi e nella ripetizione delle infrastrutture, il giusto equilibrio tra conformità e identità, cogliendo per ogni città un segno distintivo, unico e irripetibile."

BIO
Mario Bobba, da sempre appassionato di fotografia e grafica, è nato a Milano, ma ha origini tra Angera e Besozzo (lago Maggiore).

Per lavoro, impegno civile e hobby ha viaggiato spesso visitando moltissimi Paesi, con lunghi soggiorni all'estero, occasioni importanti di approfondimento sulla cultura dell'immagine.

Dalla fine degli anni '90 è ripartito su nuove basi il suo approccio alla fotografia e questa maturazione ha reso possibili vari progetti, mostre ed eventi. Dal 2009 ha trasformato la passione di una vita in un'attività professionale aprendo lo studio "PassioneFoto" ad Angera (VA).

"Tutte le metropolitane appaiono molto simili, in qualsiasi ora del giorno e stagione dell'anno, ma ho cercato di evidenziare le piccole differenze piene di significato e qualche volta anche di emozioni, di umorismo o di arte e architettura. Lo spaccato di umanità nei vagoni e sulle banchine, che si offre allo sguardo attento, è sempre ricco e diverso pur nell'apparente somiglianza. In metropolitana si pratica una street photography selettiva, un po' misteriosa e, appunto, sotterranea."

giovedì 4 maggio 2017

BOTERO A ROMA > dal 5 maggio al 27 agosto 2017 > Complesso del Vittoriano - Ala Brasini, Roma

BOTERO
dal 5 maggio al 27 agosto 2017
Complesso del Vittoriano - Ala Brasini, Roma




Fernando Botero, Contorsionista, 2008. Olio su tela; 135x100 cm
Fernando Botero, Donna seduta, 1997. Olio su tela; 134x92 cm
Fernando Botero, Natura morta davanti al balcone, 2000. Olio su tela; 190x131 cm
Fernando Botero, Nostra Signora di Colombia, 1992. Olio su tela; 230x192 cm




Una dimensione onirica, fantastica e fiabesca dove si percepisce forte l'eco della nostalgia e di un mondo che non c'è più o in via di dissoluzione. Uomini, animali, vegetazione i cui tratti e colori brillanti riportano immediatamente alla memoria l'America Latina dove tutto è più vero del vero, dove non c'è posto per la sfumatura e che anzi favorisce l'esuberanza di forme e racconto.


Questa è la cifra stilistica di Fernando Botero, origini colombiane, famoso e popolare in tutto il mondo per il suo inconfondibile linguaggio pittorico, immediatamente riconoscibile.


Alla sua arte, nel suo ottantacinquesimo genetliaco, si rende omaggio con un'esposizione che ripercorrerà attraverso 50 suoi capolavori, molti dei quali in prestito da tutto il mondo, oltre 50 anni di carriera del Maestro dal 1958 al 2016.

La mostra, che si presenta come la prima grande retrospettiva dell'opera di Botero in Italia, apre a Roma al Complesso del Vittoriano – Ala Brasini il 5 maggio sotto l'egida dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, promossa dall'Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio della Regione Lazio e dell'Ambasciata di Colombia in Italia.


Organizzata e co-prodotta da Gruppo Arthemisia e MondoMostreSkira, è curata da Rudy Chiappini in stretta collaborazione con l'artista.

Ad accogliere il pubblico fuori dalla mostra, visibile anche a tutti i passanti, la gigantesca scultura in bronzo Cavallo con briglie - di oltre una tonnellata e mezzo di peso e alta più di tre metri – che occupa con tutta la sua maestosa imponenza lo spazio antistante il Museo raccontando la perfetta plasticità volumetrica delle forme simbolo dello stile Botero.

«Credo molto nel volume, in questa sensualità che nella pittura suscita piacere allo sguardo. Un quadro è un ritmo di volumi colorati dove l'immagine assume il ruolo di pretesto»


Da questa dichiarazione del Maestro si capisce immediatamente che la sua arte rivela un universo più complesso di quanto può apparire a una prima e immediata visione delle sue opere che sono invece la risultanza di un delicato equilibrio tra maestria esecutiva e valori espressivi. 

E così nei suoi ritratti austeri, nei nudi privati di ogni malizia, nelle nature morte, dove è fortissimo il concetto di abbondanza, si percepisce altrettanto fortemente la dolcezza delle forme, così come nelle sue corride, nei suoi giocolieri è altrettanto percepibile un senso di nostalgia e smarrimento che cattura il cuore di chi le osserva.

Emblematiche della poetica boteriana sono le figure dalle forme abbondanti, soprattutto femminili, caratterizzate da un linguaggio ridondante e originale che accentua i volumi e la plasticità tridimensionale. Botero dilata le forme perché è un atto funzionale anche a far comprendere l'importanza del colore, steso in grandi campiture piatte e uniformi, senza contorni e ombreggiature.

I protagonisti dei suoi dipinti sono sempre privi di stati d'animo riconoscibili, non provano né gioia, né dolore. Di fronte ai giocatori di carte, alla gente del circo, ai vescovi, ai matador, ai nudi femminili Botero non esprime alcun giudizio. 


Nei suoi dipinti scompare la dimensione morale e psicologica: il popolo, in tutta la sua varietà, semplicemente vive la propria quotidianità, assurgendo a protagonista di situazioni atipiche nella loro apparente ovvietà. Per Botero dipingere è una necessità interiore, ma anche un'esplorazione continua verso il quadro ideale che non si raggiunge mai.

Apolide, eppure legato alla cultura della sua terra, Botero ha anticipato di diversi decenni l'attuale visione globale di un'arte senza più steccati, né confini: lo si può leggere e apprezzare in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo, se ne apprezza il continuo richiamo alla classicità in una visione assolutamente contemporanea che include nella riflessione la politica e la società. 


La sua pittura non sta dentro un genere, pur esprimendosi attraverso la figurazione, ma inventa un genere proprio e autonomo attorno al quale il pittore colombiano ha sviluppato la propria poetica in oltre mezzo secolo di carriera.

L'esposizione vede come sponsor Generali Italia, che attraverso Valore Cultura offre al pubblico il servizio di audioguida. Valore Cultura è il programma con cui Generali Italia sostiene le migliori iniziative artistiche e culturali per renderle accessibili a un pubblico sempre più vasto e per promuovere lo sviluppo e la valorizzazione del nostro territorio.


Special partner Ricola e media partner Radio Monte Carlo.
L'evento è consigliato da Sky Arte HD.
Il catalogo è edito da Skira/Arthemisia.


mercoledì 3 maggio 2017

Mostra 'The City is a Novel' di Alexey Titarenko. Spazio Damiani, 12 maggio – 15 settembre 2017



 
ALEXEY TITARENKO
The City is a Novel

12 maggio – 15 settembre 2017
Spazio Damiani

Venerdì 12 maggio 2017 alle 18.30 Spazio Damiani inaugura la mostra The City is a Novel del fotografo Alexey Titarenko. La mostra presenta circa venti opere realizzate dall’artista in tre differenti città: Venezia, New York e San Pietroburgo, sua città d’origine.

Protagonista indiscussa nella ricerca fotografica di Titarenko è dunque la città, le cui diverse espressioni diventano metafore per raccontare condizioni di vita umana. Venezia, New York e San Pietroburgo sono i soggetti attraverso i quali Titarenko narra il suo racconto, un racconto intriso di raffinata cultura letteraria coltivata fin dall’infanzia con gli scritti di Checov, Dostoevskij e molti altri autori. 

Prende così forma un’esposizione visiva che non cerca di fissare una scena metropolitana o, all’opposto, di catturarne il movimento; l’intento di Titarenko è quello di far parlare la città, di lasciarla libera di raccontare le proprie storie, sfumando il confine tra rappresentazione e realtà. 

Per questa via trovano spazio nelle sue fotografie scene urbane in cui la nitidezza di alcuni elementi si combina a dettagli mossi ottenuti con tempi d’esposizione prolungati: le persone in movimento, le auto, ma anche gli agenti atmosferici mettono in scena dei tableaux vivants dal forte sapore narrativo. Il tempo e il suo trascorrere sono al centro dellanovel di cui Titarenko ci vuole parlare.

Ciascuna città rappresenta uno snodo importante nella poetica di Titarenko. San Pietroburgo è la sua città natale, quella in cui ha maturato la propria sensibilità e che lo ha dotato di una particolare inclinazione per la rappresentazione onirica. 

Su questa scia si colloca Venezia, che con i suoi mille riflessi acquatici e le atmosfere rarefatte ha offerto all’artista la più ampia gamma di luci ed ombre con cui misurarsi. New York, infine, è la città che lo ha accolto e nella quale ha individuato la versione più contemporanea delle storie di cui ama narrare.

Tutte le fotografie in mostra, di medio e piccolo formato quadrato, sono stampe in bianco e nero ai sali d’argento. Il procedimento con cui Titarenko arriva al risultato finale è tuttavia più complesso perché include viraggi applicati a pennello in argento e seppia e un bagno di viraggio al selenio che conferisce luminosità ai bianchi e intensità ai neri e grigi.

In alcuni casi completa il particolare processo di stampa un ulteriore viraggio in oro che conferisce alle vetrate degli edifici fotografati la luminosità tipica dell’ora del tramonto.

The City is a Novel è anche il titolo del volume pubblicato da Damiani che presenta la serie completa scattata a Venezia, New York, San Pietroburgo e L’Avana.


Nota biografica di Alexey Titarenko
Alexey Titarenko nasce a Leningrado (ora San Pietroburgo) nel 1962. Nel 1983 consegue un Master al Dipartimento di Arti Cinematografiche e Fotografiche dell’Istituto di Cultura di Leningrado. La sua serie di collages e fotomontaggi intitolataNomenklatura of Signs (in mostra per la prima volta a Leningrado nel 1988) costituisce una critica al regime Comunista. Nel 1989 la serie Nomenklatura of Signs è stata inclusa in Photostroyka, una delle più importanti mostre allestite negli USA sui fotografi russi emergenti.

A partire dal 1991 Titarenko ha prodotto diverse serie fotografiche che sottolineavano le tremende condizioni di vita sofferte dal popolo russo nel ventesimo secolo e in particolare sotto il regime comunista. Per illustrare il legame tra presente e passato ha introdotto all’interno del genere streetphotography tecniche quali l’esposizione prolungata e lo scatto mosso come strumento volontario per ritrarre il movimento. 

La serie più nota di questo periodo è City of Shadows. Ispirato dalla musica di Dmitri Shostakovich e dagli scritti di Fëdor Dostoevskij, Titarenko ha tradotto la visione di Dostoevskij dello spirito russo in immagini della sua San Pietroburgo. 

Nel 2002 il Festival Internazionale della Fotografia di Arles, ha presentato la sua mostra Les quatres mouvements de St. Petersburga cura di Gabriel Bauret. 

Le stampe di Titarenko sono solitamente realizzate in camera oscura. Lo sbiancamento e i viraggi aggiungono profondità alla sua palette di grigi, rendendo ogni stampa unica ed intensa.

Opere di Alexey Titarenko sono incluse nelle collezioni dei più importanti musei europei e americani tra cui: The State Russian Museum di San Pietroburgo; The Getty Museum di Los Angeles; il Philadelphia Museum of Fine Art; il Museum of Fine Arts di Boston; il Museum of Fine Arts di Houston; il Museum of Photographic Arts di San Diego; la European House of Photography di Parigi; il Reattu Museum of Fine Arts di Arles e il Musée de l’Elysée Museum for Photography di Losanna.

Alexey Titarenko vive e lavora a New York ed è rappresentato da Nailya Alexander Gallery.

 Scheda tecnica della mostra
Titolo                              The City is a Novel
Sede                                Spazio Damiani, via dello Scalo 3/2 abc, Bologna
Periodo                          12 maggio – 15 settembre 2017
Inaugurazione              12 maggio 2017, ore 18.30
Conferenza stampa     11 maggio 2017, ore 11.30 presso Spazio Damiani con l'artista
Orari d’apertura          dal lunedì al giovedì dalle 9.00 alle 18.00, il venerdì dalle 9.00 alle 17.00 oppure su appuntamento

Scheda tecnica del libro
Titolo                          The City is a Novel
Pubblicato da             Damiani
Pagine                          192
Illustrazioni                146
Prezzo                          60,00 €




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